Permesso di soggiorno per assistenza minorenni – indice
- I genitori di un minore straniero possono ottenere un permesso di soggiorno?
- Permesso di soggiorno per assistenza minorenni: Come si effettua la richiesta e a chi deve essere rivolta?
- Permesso di soggiorno per assistenza minorenni: se concessa, quanto dura?
- Documenti necessari per permesso di soggiorno minorenni
- Sulla base di quali criteri viene concessa l’autorizzazione?
- Può essere concessa l’autorizzazione in caso di genitore pregiudicato?
- Il permesso di soggiorno per assistenza minori può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro?
I genitori di un minore straniero possono ottenere un permesso di soggiorno?
La risposta è affermativa, i genitori possono ottenere un permesso di soggiorno per assistenza minorenni (che consente anche di svolgere un’attività lavorativa).
L’art. 31 comma 3 del D. L.vo n. 286 del 1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) prevedendo due possibilità autorizzative (di ingresso o di permanenza), stabilisce che “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza”.
Permesso di soggiorno per assistenza minorenni: Come si effettua la richiesta e a chi deve essere rivolta?
L’istanza (nella forma del ricorso) viene depositata presso il Tribunale per i minorenni che generalmente 1) procede all’audizione dei genitori presenti sul territorio e dei minori “capaci di discernimento”, 2) dispone una verifica del domicilio indicato a mezzo di Polizia locale, 3) acquisisce, tramite la Questura, informazioni sulla pendenza di denunce a carico dei genitori, 4) se necessario, acquisisce informazioni anche dagli istituti scolastici frequentati dai minori nonché dai competenti servizi sociali.
Permesso di soggiorno per assistenza minorenni: se concessa, quanto dura?
Nel decreto emesso dal Tribunale viene stabilita la durata dell’ autorizzazione; lo stesso art. 31 prevede che l’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza del genitore sia concessa per un periodo di tempo determinato.
Documenti necessari per permesso di soggiorno minorenni
Al ricorso è opportuno allegare la seguente documentazione:
- fotocopia dei passaporti dei minori e del ricorrente;
- copia dell’eventuale permesso di soggiorno già posseduto del ricorrente, anche se scaduto;
- estratto dell’atto di nascita del/i minore/i;
- duplicato della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno dell’altro genitore se posseduti;
- copia della documentazione medica aggiornata relativa allo stato di salute del/lla/dei minore/i, con indicazione delle visite mediche già calendarizzate;
- fotocopia dell’eventuale contratto di lavoro o copia della dichiarazione di impegno all’assunzione da parte del datore di lavoro;
- duplicato del contratto di locazione o di altro titolo abitativo;
- fotocopia certificato di iscrizione o frequenza ad istituti scolastici del/lle/i minore/i;
- certificato penale del casellario giudiziale del/dei ricorrente/i.
Il Tribunale per i minorenni di Milano avvisa che, in mancanza della suddetta documentazione, la relativa istanza non verrà trasmessa al Giudice per la trattazione in quanto ritenuta non completa.
Sulla base di quali criteri viene concessa l’autorizzazione?
Come chiarito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 21799 del 25 ottobre 2010, l’art. 31 comma 3 apporta una deroga alla disciplina sull’ingresso e sul soggiorno dello straniero prevista dalle norme del Testo Unico proprio nell’ottica di tutelare l’interesse del minore che si trova nel territorio italiano in tutti quei casi in cui l’allontanamento suo o di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l’integrità psicofisica.
L’autorizzazione deve essere subordinata all’accertamento di “gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore” intendendo con tale espressione “qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, non aventi carattere di stabilità che, pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare”.
Non è richiesto pertanto necessariamente “l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute del fanciullo”; nell’ambito di una valutazione complessiva, infatti, il Tribunale dovrà tener conto dell’età del minore e delle sue condizioni di salute (se il minore ha vissuto in Italia per un periodo di tempo non breve con i propri genitori o almeno con uno di essi, risulta ben inserito nel contesto culturale e sociale del nostro Paese, si può presumere che un eventuale allontanamento dei genitori e il conseguente sradicamento del bambino dalla realtà in cui vive potrebbero compromettere il suo sviluppo psico-fisico).
Può essere concessa l’autorizzazione in caso di genitore pregiudicato?
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 15750 del 12 giugno 2019, contro il decreto della Corte d’Appello di L’Aquila, sezione per i minorenni, ribaltando la decisione impugnata, ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi dell’art. 31, comma 3, t.u. immigrazione […], il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto”.
La richiesta da parte dei genitori
Nella fattispecie, i due genitori di nazionalità albanese, avevano presentato istanza al Tribunale per i minorenni, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, per ottenere l’autorizzazione alla permanenza in Italia con i figli minori, i quali si trovavano in territorio italiano; il Tribunale aveva respinto il ricorso ritenendo non sussistenti i gravi motivi che avrebbero potuto giustificare tale autorizzazione.
Anche in secondo grado, il reclamo proposto dai coniugi veniva rigettato; secondo la Corte d’Appello, infatti, i reclamanti non avevano indicato la necessità della loro permanenza in Italia come transitoria ma, anzi, destinata ad esaurirsi solo al raggiungimento della piena autonomia economica ed affettiva dei loro figli, tutto ciò in pieno contrasto con l’essenza stessa della norma che prevede il rilascio dell’autorizzazione in presenza di situazioni che non siano di lunga o indeterminabile durata e non siano caratterizzate da tendenziale stabilità.
I motivi del rifiuto della domanda
Considerava, altresì, ostativi all’accoglimento della domanda, in quanto incompatibili con la permanenza in Italia, i numerosi precedenti in capo al padre che avevano portato alla revoca del suo permesso di soggiorno.
Per la Cassazione “il giudice, investito della richiesta di autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, è chiamato in primo luogo ad accertare la sussistenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore che si trova nel territorio italiano; esaurito positivamente tale accertamento, a fronte del compimento da parte del familiare istante di attività incompatibili con la permanenza in Italia, potrà negare l’autorizzazione soltanto all’esito di un esame complessivo, svolto in concreto e non in astratto, della sua condotta, cui segua un attento giudizio di bilanciamento tra l’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale e il preminente interesse del minore (Cass. n. 14238 del 2018, cit.)”.
Il permesso di soggiorno per assistenza minori può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro?
E’ proprio una delle novità più importanti previste nel decreto legge n. 130 del 21 ottobre 2020, convertito in legge e in vigore dal 20 dicembre 2020: il permesso di soggiorno ex art. 31 per assistenza minori può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
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