Assegnazione della casa familiare

Assegnazione della casa familiareAssegnazione della casa familiare – indice:

Assegnazione della casa familiare – introduzione

Nell’ambito dei procedimenti di separazione personale dei coniugi, di divorzio o ancora in materia di regolamentazione dei figli nati fuori dal matrimonio, spesso si parla di assegnazione della casa familiare.

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Cosa si intende per casa familiare?

Secondo la giurisprudenza, si tratta dell’immobile che ha costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza e nel quale, chi chiede l’assegnazione, abita con un figlio minore o maggiorenne non economicamente indipendente. Si esclude, quindi, ogni altro immobile del quale i coniugi per esempio abbiano la disponibilità e che, comunque, usino soltanto temporaneamente o saltuariamente (Cass. 92/8667).

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La funzione del provvedimento di assegnazione della casa familiare

L’assegnazione della casa familiare risponde all’esigenza di conservare l’habitat domestico in cui il figlio ha vissuto e che rappresenta il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare: il fine è proprio quello di non sradicare la prole dal luogo in cui si svolge, sostanzialmente, la loro esistenza.

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La norma in materia di assegnazione della casa familiare

Proprio in una logica di tutela della prole, l’art. 337 sexies c.c. stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

L’assegnazione viene considerata dal giudice nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà.

La norma stabilisce anche che il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643 (in materia di trascrizione degli atti relativi ai beni immobili). 

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L’ assegnazione della casa familiare può essere revocata?

La norma del codice civile prevede che il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella stessa abitazione o conviva more uxorio o, ancora, contragga nuovo matrimonio.

Pertanto, si può richiedere al giudice la revoca dell’assegnazione della casa familiare se i figli hanno smesso di convivere con il genitore, se gli stessi sono diventati economicamente indipendenti o nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nel medesimo immobile.

Con riguardo alle altre ipotesi previste dalla norma, ovvero convivenza more uxorio o nuovo matrimonio del soggetto assegnatario della casa, la Corte Costituzionale con sentenza n. 308 del 2008 ha stabilito che tali circostanze non sono idonee, di per sé stesse, a determinare la cessazione del diritto di abitazione, in quanto affermare il contrario sarebbe non in linea con quello che è lo scopo proprio dell’assegnazione ovvero tutelare i figli. Laddove quindi si verificasse una di queste circostanze (come detto, convivenza more uxorio o nuovo matrimonio), la decadenza dovrà essere subordinata ad un giudizio di conformità all’interesse della prole.

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È possibile che i genitori stabiliscano, di comune accordo, che l’assegnazione della casa familiare sia “a tempo determinato”?

Facciamo un esempio: nell’ambito di un procedimento di separazione consensuale, i coniugi stabiliscono che la casa familiare sia assegnata al genitore collocatario solo per 4 anni; decorso tale arco temporale l’immobile ritornerà automaticamente nella piena disponibilità del legittimo proprietario. Se si guarda a quello che è lo scopo proprio del provvedimento di assegnazione ovvero, come detto, quello di tutelare il diritto dei figli a preservare l’habitat domestico che rappresenta il centro della loro esistenza, si ritiene che un simile accordo non sia corrispondente a tale fine, pertanto potrebbe essere proposto ma spetterà comunque al Tribunale decidere se omologare o meno tale previsione.

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Il provvedimento di assegnazione della casa familiare è opponibile al terzo?

L’art. 6 comma 6 della Legge sul divorzio, applicabile anche in materia di separazione personale dei coniugi, stabilisce che l’assegnazione della casa familiare, in quanto trascritta nei registri della conservatoria immobiliare, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del codice civile, norma che disciplina la locazione.

L’art. 1599 c.c. stabilisce che il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all’alienazione della cosa.

E ancora, le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione.

Pertanto, per quanto riguarda l’assegnazione della casa familiare, si possono verificare due casi:

  • se il relativo provvedimento – che ovviamente ha data certa – non è trascritto, esso è opponibile, al terzo acquirente dell’immobile in data successiva, solo per il periodo di nove anni (che decorre dalla data del provvedimento di assegnazione). Il provvedimento di attribuzione, una volta scaduti i nove anni dalla data di sua emissione, non è di per sé solo, senza trascrizione, opponibile al terzo che acquista l’immobile dall’altro coniuge, il quale ne è proprietario esclusivo.
  • se, invece, il relativo provvedimento di assegnazione è trascritto prima dell’acquisto, esso è opponibile anche per il periodo eccedente i nove anni.

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Cosa succede se il provvedimento di assegnazione della casa è emesso successivamente all’atto di acquisto compiuto dal terzo?

Sul punto, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 9990/2019) ha stabilito che “nell’ipotesi di cessione al terzo, effettuata in costanza di matrimonio dal coniuge esclusivo proprietario, del diritto di proprietà dell’immobile precedentemente utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione della casa familiare all’altro coniuge – non titolare di diritti reali sul bene – collocatario della prole, emesso in data successiva a quella dell’atto di acquisto compiuto dal terzo, è a questi opponibile (….) soltanto in due ipotesi ovvero, se – a seguito di accertamento in fatto da compiersi alla stregua delle risultanze circostanziali acquisite- il Giudice di merito ravvisi l’ instaurazione di un preesistente rapporto, in corso di esecuzione, tra il terzo ed il predetto coniuge dal quale quest’ultimo derivi il diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, sul contenuto del quale viene a conformarsi il successivo vincolo disposto dal provvedimento di assegnazione, ipotesi che ricorre nel caso in cui il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero nel caso in cui il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l’immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia”.

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