Diritto del minore ad avere una famiglia

Diritto del minore ad avere una famiglia L’art 1 della Legge n. 184/83 (Legge sull’adozione), sancisce il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.

La norma precisa che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale, non possono rappresentare un ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. Proprio per realizzare tale finalità, sono disposti interventi di sostegno e di aiuto a favore del nucleo familiare.

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, quindi, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, le famiglie a rischio, con l’obiettivo di prevenire l’abbandono e di permettere al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Promuovono iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e coloro che intendono avere in affidamento o in adozione minori.
L’ultimo comma dell’articolo, stabilisce che quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’eduzione del minore, si applicano gli istituti previsti nella stessa legge.

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Quando il minore può essere affidato al servizio sociale?

Nel precedente paragrafo, abbiamo visto che la legge n. 184/83 sancisce il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito del proprio nucleo familiare.

In quali ipotesi, allora, può essere disposto un affido all’Ente?

L’ art. 5 bis della legge sull’adozione stabilisce che il minore può essere affidato al servizio sociale del luogo in cui risiede abitualmente:

  • quando si trova nella condizione prevista dall’articolo 333 del codice civile (ovvero, in caso di condotta di uno o entrambi i genitori che non sia tale da dar luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’art. 330, ma che appaia comunque pregiudizievole al figlio) e gli interventi di sostegno e aiuto previsti dall’articolo 1, commi 2 e 3, si sono rivelati inefficaci o i genitori non hanno collaborato alla loro attuazione,
  • resta salvo quanto previsto all’articolo 2, comma 3, in base al quale, in caso di necessità e urgenza l’affidamento può essere disposto anche senza porre in essere i suddetti interventi.

In tali casi, il Tribunale emette un provvedimento con cui dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, indicando:

  1. il soggetto presso il quale il minore è collocato;
  2. gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell’ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall’articolo 4, comma 3;
  3. gli atti che possono essere compiuti dal soggetto presso il quale è collocato il minore, quelli che possono essere compiuti dai genitori e dal curatore nominato;
  4. i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell’articolo 5, comma 2 (in base al quale il servizio svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee);
  5. la durata dell’affidamento, non superiore a ventiquattro mesi;
  6. la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all’autorità giudiziaria procedente o, in mancanza, al giudice tutelare sull’andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull’attuazione del progetto stabilito dal tribunale.

La norma precisa che, nello svolgimento dei compiti a lui affidati e nell’adozione delle scelte a lui demandate, il servizio sociale tiene conto delle indicazioni dei genitori che non siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale e del minore nonché, ove siano stati nominati, del curatore e del curatore speciale.

Nel termine di quindici giorni dalla notifica del provvedimento che dispone l’affido al servizio sociale, lo stesso Ente comunica il nominativo del responsabile dell’affidamento al tribunale, ai genitori, agli esercenti la responsabilità genitoriale, al curatore qualora sia stato nominato e al soggetto presso il quale il minore è collocato.

Nel caso in cui l’affidamento al servizio sociale sia disposto con il provvedimento che definisce il giudizio, la decisione viene comunicata al giudice tutelare del luogo di residenza abituale del minore, al fine di vigilare sulla sua attuazione.

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Quanto può durare l’affidamento al servizio sociale?

Abbiamo visto che l’affidamento al servizio non può superare la durata di ventiquattro mesi; tale periodo è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, su richiesta del pubblico ministero e nel contraddittorio delle parti, qualora la sospensione dell’istituto rechi grave pregiudizio al minore. Proprio a tal fine, prima del decorso del termine di durata dell’affido, il servizio sociale segnala al pubblico ministero l’opportunità di richiederne la proroga.

L’affidamento familiare cessa con il decorso del termine stabilito o con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

Degna di nota la recente pronuncia della Corte di Cassazione che si occupa proprio di chiarire alcuni punti in materia di affidamento del minore al Servizio Sociale (ordinanza n. 32290/2023 Cass. civ.)

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