Separazione consensuale e coabitazione. La vicenda
Nel 2017, una coppia di coniugi presentava innanzi al Tribunale di Como ricorso per separazione consensuale e coabitazione casa coniugale; le condizioni di separazione contenute nell’atto riguardavano sostanzialmente la previsione di un sostegno economico in favore del figlio maggiorenne studente e la gestione dell’habitat familiare.
Convivenza dopo separazione consensuale: Coabitazione a tempo indeterminato
Il ricorso prevedeva la prosecuzione della convivenza dopo separazione consensuale a tempo indeterminato ovvero sino a quando le condizioni economiche familiari non avrebbero consentito di reperire una diversa soluzione abitativa.
Nessun termine, neppure indicativo, dunque, veniva fissato per il rilascio della casa familiare da parte dell’uno o dell’altro ricorrente; non risultava nemmeno possibile ipotizzarne uno – afferma il Collegio – con riferimento a possibili futuri miglioramenti delle loro condizioni economiche, in quanto entrambi i coniugi lavoratori dipendenti versavano in una situazione reddituale tendenzialmente stabile e non avevano indicato i motivi di un eventuale incremento dei rispettivi redditi.
Interrogati dal Presidente, i coniugi riferivano di vivere da anni come “separati in casa” – disponendo ognuno di una camera da letto personale e utilizzando a turno gli altri locali – e ribadivano la comune intenzione di rimanere nella casa familiare di comproprietà. Motivavano tale scelta affermando di voler preservare le risorse economiche familiari e agevolare il percorso di studio del figlio diciottenne, nonché garantire alla moglie un’assistenza personale (a causa di non precisati problemi di salute).
Separazione consensuale e coabitazione casa coniugale: La decisione del Tribunale
Con ordinanza del 6 giugno 2017, il Tribunale di Como rigettava la domanda di omologa delle condizioni di separazione contenute nel suddetto ricorso.
Secondo il Tribunale, in generale, il decreto di omologa ha una doppia funzione:
- controllare che l’accordo tra i coniugi sia compatibile con la normativa vigente e i principi di ordine pubblico;
- verificare, in tutti i casi in cui ci siano figli minori ovvero maggiorenni non autosufficienti economicamente, la conformità delle condizioni inerenti affidamento e mantenimento al loro superiore interesse.
Se da una parte, nel caso in oggetto, il Tribunale “approva” le condizioni contenute nel ricorso relative alla ripartizione delle spese di mantenimento e al fondo di risparmio accantonato per il figlio risultando le stesse corrispondenti all’interesse del medesimo nonché quelle inerenti l’utilizzo delle vetture dei coniugi in quanto non contrastanti con alcuna norma cogente, dall’altra, solleva una serie di rilievi su quelle inerenti la gestione della casa familiare.
Il Tribunale, in primis, ha ritenuto che le finalità indicate dai coniugi ben potevano essere perseguite anche da “separati” e che il complessivo reddito familiare risultante dalle dichiarazioni fiscali depositate risultava compatibile con la possibilità da parte di uno dei due coniugi di reperire altro alloggio e con il mantenimento del figlio, tanto più che a suo favore era già stato accantonato un consistente fondo di risparmio.
Ad avviso del Giudice, la prospettiva di una prosecuzione della coabitazione coniugi separati a tempo indeterminato non è condivisibile; l’ordinamento non può dare riconoscimento, con le relative conseguenze di legge, a soluzioni “ibride” che prevedano, malgrado il persistere della coabitazione, il venir meno di gran parte dei doveri derivanti dal matrimonio; non può essere ritenuto valido un accordo (con le conseguenze di legge della separazione) volto a preservare e legittimare la mera coabitazione una volta che sia cessata la comunione materiale e spirituale tra le parti.
L’istituto della separazione trova la sua giustificazione proprio in una situazione di intollerabilità della convivenza; come può coesistere una situazione di «convivenza intollerabile» con una «coabitazione» tanto più, come nel caso di specie, a tempo indeterminato e per ragioni di convenienza varie?
Non si può dare, dunque, riconoscimento giuridico con il provvedimento di omologa ad un accordo privatistico che regolamenti la condizione di “separati in casa”; diversamente – conclude il Tribunale – si finirebbe per omologare operazioni elusive o accordi simulatori, per finalità anche illecite.
Tribunale di Como, ordinanza 6 giugno 2017
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